Le esplorazioni botaniche in provicia di Sondrio
Viola comollia, la seconda delle specie endemiche delle Orobie valtellinesi scoperta da Massara, da lui dedicata al botanico Giuseppe Comolli
© Museo Civico di Storia Naturale di Morbegno (Photo: R. Ferranti)
© Museo Civico di Storia Naturale di Morbegno (Photo: R. Ferranti)
L'amarezza del Massara fu probabilmente notevole, a malapena mascherata nelle considerazioni da lui scritte nel Prodromo a proposito della "sua" pianta. Tanto che, nell'occasione successiva, relativa a Viola comollia, si affrettò a descriverla e a denominarla (dedicandola al botanico comasco Giuseppe Comolli) prima ancora che il suo status di specie nuova fosse stato definitivamente accertato.
Scorrendo le pagine del Prodromo ci si accorge immediatamente che le intenzioni del Massara (da lui stesso, peraltro, anticipate nella prefazione) non erano semplicemente quelle di fornire un utile, ma anche arido catalogo di specie. Il testo, infatti, è corredato e arricchito di mille altre considerazioni, che spaziano dalle note sugli usi locali e tradizionali delle piante, magari confrontati con quelli noti dalla medicina "ufficiale", ai nomi dialettali delle specie, dalla citazione delle specie agrarie e orticole e dei loro sistemi di coltivazione alle considerazioni sull'indole, le doti, i difetti delle popolazioni locali e sulle loro abitudini alimentari, dalle notizie di tipo socio-economico sul territorio valtellinese alla descrizione delle bellezze naturali delle valli visitate, ed un'infinità di altre annotazioni, aneddoti e curiosità su ogni argomento legato in modo diretto o indiretto alla botanica e alla Valtellina.
Eccolo ad esempio riferire dell'uso locale della menta verde (" ... da loro mangiata entro una specie di frittata con altre erbe quando patiscono d'ipocondriasi [mal madrone o padrone!!], e il succo fresco dassi entro un cucchiajo di vino ai bambini o fanciulli travagliati dalle convulsioni o dall'eclamsia ...) o dell'aglio ("... lo impiegano i legnajuoli per render la colla più tenace: s'adopera contro i vermi dei fanciulli coll'appendere al collo i piccoli bulbi infilzati: contro i geloni o pedignoni [...] pestandone i bulbi e conficcandone le parti ammalate ...), ricordare alcune ricette locali, come nel caso della scorzonera ("I nostri cuochi dopo averla raschiata e imbianchita la condiscono col solo butirro fresco e un po' di cannella, aggiungendovi a mezza cottura un quartino di fior di latte") oppure inorridire davanti ad altre abitudini alimentari ("Alcuni invece irrorano l'insalata col vino, altri col latte.
A chi mai, fuor che a nostri tapini alpigiani, potrebbero piacere questa sorta d'impiastri?"), ridicolizzare i pastori per certe loro credenze, come le supposte proprietà afrodisiache della Nigritella nigra ("Così con franco viso questi nostri cari pastori talor s'ingegnano di farci credere le più strane e ridicole fanfalucche") o dissentire in modo totale dall'uso popolare di alcune specie, come nel caso della Scrophularia nodosa, che era ritenuta capace di scacciare i vermi semplicemente appendendola al collo ("Appena gli uomini più materiali e scipiti potrebbero credere a così sconci miracoli"), elogiare gli abitanti della Valmalenco ("Questa è una delle popolazioni più deste, e più industriose del nostro distretto, e forse di tutta la provincia"), accennare alla coltivazione della segale ("Nella maggior parte dei campi, benché posti nella region montana e nelle vigne si semina la segale a S. Martino e raccogliesi in luglio"), annotare deliziato la bellezza delle specie del genere Androsace ("... son piante rare e che abbelliscono coi loro bellissimi fiori, che formano come un elegante tappeto di color roseo-pallido, alcune delle più alte e più sterili rocce di calcario primitivo preso alle eterne ghiacciaje").
Oltre a queste, moltissime altre divagazioni rendono questo libro ancora oggi di piacevolissima lettura, oltre che una fonte tuttora preziosissima di dati floristici, resi problematici unicamente da una nomenclatura un po' vetusta e non sempre interpretabile con certezza.
Scorrendo le pagine del Prodromo ci si accorge immediatamente che le intenzioni del Massara (da lui stesso, peraltro, anticipate nella prefazione) non erano semplicemente quelle di fornire un utile, ma anche arido catalogo di specie. Il testo, infatti, è corredato e arricchito di mille altre considerazioni, che spaziano dalle note sugli usi locali e tradizionali delle piante, magari confrontati con quelli noti dalla medicina "ufficiale", ai nomi dialettali delle specie, dalla citazione delle specie agrarie e orticole e dei loro sistemi di coltivazione alle considerazioni sull'indole, le doti, i difetti delle popolazioni locali e sulle loro abitudini alimentari, dalle notizie di tipo socio-economico sul territorio valtellinese alla descrizione delle bellezze naturali delle valli visitate, ed un'infinità di altre annotazioni, aneddoti e curiosità su ogni argomento legato in modo diretto o indiretto alla botanica e alla Valtellina.
Eccolo ad esempio riferire dell'uso locale della menta verde (" ... da loro mangiata entro una specie di frittata con altre erbe quando patiscono d'ipocondriasi [mal madrone o padrone!!], e il succo fresco dassi entro un cucchiajo di vino ai bambini o fanciulli travagliati dalle convulsioni o dall'eclamsia ...) o dell'aglio ("... lo impiegano i legnajuoli per render la colla più tenace: s'adopera contro i vermi dei fanciulli coll'appendere al collo i piccoli bulbi infilzati: contro i geloni o pedignoni [...] pestandone i bulbi e conficcandone le parti ammalate ...), ricordare alcune ricette locali, come nel caso della scorzonera ("I nostri cuochi dopo averla raschiata e imbianchita la condiscono col solo butirro fresco e un po' di cannella, aggiungendovi a mezza cottura un quartino di fior di latte") oppure inorridire davanti ad altre abitudini alimentari ("Alcuni invece irrorano l'insalata col vino, altri col latte.
A chi mai, fuor che a nostri tapini alpigiani, potrebbero piacere questa sorta d'impiastri?"), ridicolizzare i pastori per certe loro credenze, come le supposte proprietà afrodisiache della Nigritella nigra ("Così con franco viso questi nostri cari pastori talor s'ingegnano di farci credere le più strane e ridicole fanfalucche") o dissentire in modo totale dall'uso popolare di alcune specie, come nel caso della Scrophularia nodosa, che era ritenuta capace di scacciare i vermi semplicemente appendendola al collo ("Appena gli uomini più materiali e scipiti potrebbero credere a così sconci miracoli"), elogiare gli abitanti della Valmalenco ("Questa è una delle popolazioni più deste, e più industriose del nostro distretto, e forse di tutta la provincia"), accennare alla coltivazione della segale ("Nella maggior parte dei campi, benché posti nella region montana e nelle vigne si semina la segale a S. Martino e raccogliesi in luglio"), annotare deliziato la bellezza delle specie del genere Androsace ("... son piante rare e che abbelliscono coi loro bellissimi fiori, che formano come un elegante tappeto di color roseo-pallido, alcune delle più alte e più sterili rocce di calcario primitivo preso alle eterne ghiacciaje").
Oltre a queste, moltissime altre divagazioni rendono questo libro ancora oggi di piacevolissima lettura, oltre che una fonte tuttora preziosissima di dati floristici, resi problematici unicamente da una nomenclatura un po' vetusta e non sempre interpretabile con certezza.