La flora e la vegetazione delle zone umide alpine
La rara orchidea Dactylorhiza cruenta, presente in provincia di Sondrio solo al Paluaccio di Oga
© Museo Civico di Storia Naturale di Morbegno (Photo: R. Ferranti)
© Museo Civico di Storia Naturale di Morbegno (Photo: R. Ferranti)
Recentemente il Paluaccio di Oga è stato protetto dalla Regione Lombardia con l'istituzione di una apposita Riserva Naturale, gestita dalla Comunità Montana Alta Valtellina, il che fa ben sperare per la conservazione e il rispristino del suo alto valore naturalistico.
La torbiera è ancora oggi sostanzialmente suddivisibile in due settori. Quello meridionale è in posizione sopraelevata (probabilmente il livello originario della torbiera) ed ospita piccoli individui di pino, cespugli di ericacee e praterie igrofile a molinia, carici e tricofori (tra cui i rari Trichophorum alpinum e Carex pauciflora), in estensione varia a seconda del grado di disseccamento del substrato.
Il tratto settentrionale è il settore dove probabilmente l'escavazione di torba è stata maggiore e si trova infatti ad un livello inferiore di 1-2 metri. Presenta ambienti più idrofili e inondati, in un apparente migliore stato di conservazione. Ad esso si ricollega anche l'area umida in leggero pendio, situata verso monte, alimentata perlopiù da acque sotterranee e dove si rinvengono ancora alcuni cumuli residui di sfagno.
Queste due piccole porzioni della torbiera sono sicuramente quelle di maggior valore ed ospitano tuttora le specie più interessanti, un tempo ben più diffuse, quali Vaccinium microcarpum, Andromeda polifolia, Dactylorhiza cruenta (unica stazione valtellinese, di recente scoperta e sorprendentemente sfuggita alle ricerche precedenti), D. incarnata, Carex limosa, Drosera rotundifolia, Eleocharis quinqueflora, Menyanthes trifoliata, Triglochin palustre.
Purtroppo, Paludella squarrosa, già data per scomparsa da Giacomini nel 1939, non è più stata ritrovata.
La torbiera è ancora oggi sostanzialmente suddivisibile in due settori. Quello meridionale è in posizione sopraelevata (probabilmente il livello originario della torbiera) ed ospita piccoli individui di pino, cespugli di ericacee e praterie igrofile a molinia, carici e tricofori (tra cui i rari Trichophorum alpinum e Carex pauciflora), in estensione varia a seconda del grado di disseccamento del substrato.
Il tratto settentrionale è il settore dove probabilmente l'escavazione di torba è stata maggiore e si trova infatti ad un livello inferiore di 1-2 metri. Presenta ambienti più idrofili e inondati, in un apparente migliore stato di conservazione. Ad esso si ricollega anche l'area umida in leggero pendio, situata verso monte, alimentata perlopiù da acque sotterranee e dove si rinvengono ancora alcuni cumuli residui di sfagno.
Queste due piccole porzioni della torbiera sono sicuramente quelle di maggior valore ed ospitano tuttora le specie più interessanti, un tempo ben più diffuse, quali Vaccinium microcarpum, Andromeda polifolia, Dactylorhiza cruenta (unica stazione valtellinese, di recente scoperta e sorprendentemente sfuggita alle ricerche precedenti), D. incarnata, Carex limosa, Drosera rotundifolia, Eleocharis quinqueflora, Menyanthes trifoliata, Triglochin palustre.
Purtroppo, Paludella squarrosa, già data per scomparsa da Giacomini nel 1939, non è più stata ritrovata.