La flora e la vegetazione dei boschi di aghifoglie
Il larice assume spesso un ruolo da pioniere, grazie alla sua capacità di adattarsi a suoli poveri e instabili. Stretti "cordoni" di larici, ad esempio, scendono sovente lungo tratti detritici o dirupati, intercalati alle peccete, fino a quote relativamente basse.
E' ai limiti superiori della vegetazione arborea, però, che il larice esprime pienamente le sue potenzialità, formando popolamenti che mostrano un carattere più naturale. Associato comunemente all'abete rosso nelle peccete subalpine, tende a divenire prevalente con la quota, fino a sostituirlo del tutto nei punti e nelle situazioni in cui l'abete rosso arretra o ha minore competitività. Ecco quindi la presenza del larice sui costoni più esposti e battuti dal vento e dal gelo, sui pendii detritici di falda alla base delle pareti rocciose e sul materiale morenico abbandonato dai ghiacciai, spesso a poca distanza dagli stessi, quale avamposto della vegetazione nella prima fase di colonizzazione di questi habitat. Uno degli esempi più belli, in tal senso, è visibile in alta Valle dei Forni (Valfurva - Parco Nazionale dello Stelvio), sugli abbondanti detriti morenici lasciati dal ghiacciaio omonimo negli ultimi decenni.
Il larice è stato anche favorito dall'uomo e talora diffuso con i rimboschimenti, specialmente in situazioni ecologiche difficili.
La buona luminosità dei suoi boschi, radi e aperti, ha inoltre spinto l'uomo ad utilizzarlo per il pascolo, previa asportazione dello strato arbustivo e, spesso, anche dei più ombrosi abeti rossi. Il risultato sono i cosiddetti parchi a larice, una sorta di pascolo alberato, del tutto artificiale, dove lo sviluppo della cotica erbosa viene sistematicamente favorita. Diversi esempi sono visibili fra il Bormiese e il Livignese, in alta Valtellina.
E' ai limiti superiori della vegetazione arborea, però, che il larice esprime pienamente le sue potenzialità, formando popolamenti che mostrano un carattere più naturale. Associato comunemente all'abete rosso nelle peccete subalpine, tende a divenire prevalente con la quota, fino a sostituirlo del tutto nei punti e nelle situazioni in cui l'abete rosso arretra o ha minore competitività. Ecco quindi la presenza del larice sui costoni più esposti e battuti dal vento e dal gelo, sui pendii detritici di falda alla base delle pareti rocciose e sul materiale morenico abbandonato dai ghiacciai, spesso a poca distanza dagli stessi, quale avamposto della vegetazione nella prima fase di colonizzazione di questi habitat. Uno degli esempi più belli, in tal senso, è visibile in alta Valle dei Forni (Valfurva - Parco Nazionale dello Stelvio), sugli abbondanti detriti morenici lasciati dal ghiacciaio omonimo negli ultimi decenni.
Il larice è stato anche favorito dall'uomo e talora diffuso con i rimboschimenti, specialmente in situazioni ecologiche difficili.
La buona luminosità dei suoi boschi, radi e aperti, ha inoltre spinto l'uomo ad utilizzarlo per il pascolo, previa asportazione dello strato arbustivo e, spesso, anche dei più ombrosi abeti rossi. Il risultato sono i cosiddetti parchi a larice, una sorta di pascolo alberato, del tutto artificiale, dove lo sviluppo della cotica erbosa viene sistematicamente favorita. Diversi esempi sono visibili fra il Bormiese e il Livignese, in alta Valtellina.