La Val di Scalve: vita, lavoro, emigrazione
La miniera e i minatori
La miniera occupa un posto rilevante nell'economia del Museo, in armonia con l'importanza dell'industria estrattiva nella storia della Valle e nella vita degli abitanti di Schilpario.
Questo rilievo non deriva solo dalle antichissime origini dello sfruttamento del sottosuolo, ma dal suo radicamento nell'economia e nella società locale, con implicazioni che si ripercuotono sulla cultura della gente di qui (le miniere di ferro sono state definitivamente abbandonate nel 1972, mentre è continuato più a lungo, anche se in modo precario, lo sfruttamento dei giacimenti di barite).
L'elemento più singolare e caratterizzante è costituito dal ciclo integrale della lavorazione del ferro, dalla escavazione del minerale (siderite in netta prevalenza) alla produzione di utensili (o di armi, come avveniva ai tempi della dominazione veneta, a cui si deve l'impulso a questo tipo di organizzazione completa dell'industria mineraria scalvina).
Anche quando le profonde trasformazioni tecnologiche e economiche della rivoluzione industriale rendono impraticabile il ciclo integrale e la produzione di manufatti perde importanza di mercato, continua però - accanto all'estrazione - la produzione della ghisa ottenuta con il carbone di legna. Le persistenze non riguardano solo il ciclo di produzione: le condizioni di vita e di lavoro dei minatori rimangono pressoché invariate, almeno fino all'avvento della "Società" (la Falck) che subentra alla fine degli anni Trenta ai consorzi di piccoli proprietari e che introduce tecnologie moderne e cambiamentidecisivinelle condizionilavorative.
Una fotografia esposta rappresenta una squadra all'imboccatura della miniera "Meraldino": attorno al maister (caposquadra), si allineano i frerì (minadur è definito solo l'addetto alle mine), i punì (trasportatori del minerale, per lo più ragazzi), il manèt, che carica i portatori.
La miniera occupa un posto rilevante nell'economia del Museo, in armonia con l'importanza dell'industria estrattiva nella storia della Valle e nella vita degli abitanti di Schilpario.
Questo rilievo non deriva solo dalle antichissime origini dello sfruttamento del sottosuolo, ma dal suo radicamento nell'economia e nella società locale, con implicazioni che si ripercuotono sulla cultura della gente di qui (le miniere di ferro sono state definitivamente abbandonate nel 1972, mentre è continuato più a lungo, anche se in modo precario, lo sfruttamento dei giacimenti di barite).
L'elemento più singolare e caratterizzante è costituito dal ciclo integrale della lavorazione del ferro, dalla escavazione del minerale (siderite in netta prevalenza) alla produzione di utensili (o di armi, come avveniva ai tempi della dominazione veneta, a cui si deve l'impulso a questo tipo di organizzazione completa dell'industria mineraria scalvina).
Anche quando le profonde trasformazioni tecnologiche e economiche della rivoluzione industriale rendono impraticabile il ciclo integrale e la produzione di manufatti perde importanza di mercato, continua però - accanto all'estrazione - la produzione della ghisa ottenuta con il carbone di legna. Le persistenze non riguardano solo il ciclo di produzione: le condizioni di vita e di lavoro dei minatori rimangono pressoché invariate, almeno fino all'avvento della "Società" (la Falck) che subentra alla fine degli anni Trenta ai consorzi di piccoli proprietari e che introduce tecnologie moderne e cambiamentidecisivinelle condizionilavorative.
Una fotografia esposta rappresenta una squadra all'imboccatura della miniera "Meraldino": attorno al maister (caposquadra), si allineano i frerì (minadur è definito solo l'addetto alle mine), i punì (trasportatori del minerale, per lo più ragazzi), il manèt, che carica i portatori.