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Monza racconta il cappello

Donne al lavoro nel reparto di cardatura del Feltrificio Paleari & Ferrario
Donne al lavoro nel reparto di cardatura del Feltrificio Paleari & Ferrario
© Museo Etnologico Monza e Brianza
Intervista alla signora Antonia Radice, cappellaia.

"Quando ero bambina a Monza c'erano soltanto stabilimenti di cappelli, e tutti facevano i 'capelé'.

La mia famiglia non era benestante e io ero la maggiore dei figli, per questo ho incominciato a lavorare a undici anni. Sono entrata in ditta senza documenti, facevo la 'piccinina', cioè dovevo scopare i laboratori, stirare le fodere, uscire a comperare il pane o i bottiglioni di vino.

Guadagnavo quattro lire al giorno e a Natale mi venivano regalati venti centesimi e il torrone. In genere si faceva la 'piccinina' fino a 16 anni, poi si passava alla macchina; io invece a 14 anni ho iniziato a fare la cappellaia e ho avuto il libretto di lavoro".

Lavoravo dalle 8 alle 19, e la mia paga era di 64 lire alla quindicina, perché lavoravo molto; gli altri ricevevano 32 lire [...] Le donne all'interno del reparto venivano pagate a cottimo o a fattura [...] Venivano meglio retribuite le donne che lavoravano a macchina, meno quelle che lavoravano la fodera. Non era un lavoro difficile, ma era monotono, sempre lo stesso".
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