Oneta nel periodo pre-industriale
La mortalità infantile e la condizione femminile
La mortalità infantile
Nascere nei secoli passati significava affrontare un cammino difficile, dove le probabilità di sopravvivenza erano assai scarse, tanto da considerarsi estremamente fortunato chi riusciva a raggiungere l'età così detta matura. Per molti secoli il parto fu considerato un evento misterioso che incuteva paura, solo agli inizi del 1800 l'ostetricia verrà considerata una scienza e la nascita di un bambino vivo diventerà sempre più un fatto normale.
Il parto rimane comunque un evento esclusivamente femminile, affidato alla rete di solidarietà delle parenti, delle amiche, delle donne della contrada; gli uomini erano rigidamente esclusi, intervenivano solo in caso di emergenza. Su tutto, domina incontrastata la superstizione con i suoi elementi simbolici e magici mischiati ad antiche abitudini tramandate da molte generazioni.
Fra queste l'usanza di deporre il neonato sul pavimento di terra battuta, come gesto di devozione alla fertilità della terra, o il divieto di avvolgere la puerpera in biancheria pulita perchè il colore bianco avrebbe attirato il sangue, incoraggiando l'emorragia. In questo panorama di saggezza popolare, ma anche di pratiche discutibili e di condizioni igieniche assai scarse, la mortalità da parto era altissima.
Prendendo in esame la comunità di Oneta, nel periodo che va dal 1816 al 1890, vi sono state complessivamente 824 morti.
Complessivamente i nati sempre per lo stesso periodo sono stati 1020. Con gli opportuni raffronti per ogni 1000 nati, 235 muoiono nel 1° anno di vita, con una media leggermente superiore a quella nazionale valutata nel 1863 in 228 morti per ogni mille nati.
In sostanza 316 bambini pari al 38, 44% nel periodo considerato non hanno superato il decimo anno di età.
La mortalità infantile
Nascere nei secoli passati significava affrontare un cammino difficile, dove le probabilità di sopravvivenza erano assai scarse, tanto da considerarsi estremamente fortunato chi riusciva a raggiungere l'età così detta matura. Per molti secoli il parto fu considerato un evento misterioso che incuteva paura, solo agli inizi del 1800 l'ostetricia verrà considerata una scienza e la nascita di un bambino vivo diventerà sempre più un fatto normale.
Il parto rimane comunque un evento esclusivamente femminile, affidato alla rete di solidarietà delle parenti, delle amiche, delle donne della contrada; gli uomini erano rigidamente esclusi, intervenivano solo in caso di emergenza. Su tutto, domina incontrastata la superstizione con i suoi elementi simbolici e magici mischiati ad antiche abitudini tramandate da molte generazioni.
Fra queste l'usanza di deporre il neonato sul pavimento di terra battuta, come gesto di devozione alla fertilità della terra, o il divieto di avvolgere la puerpera in biancheria pulita perchè il colore bianco avrebbe attirato il sangue, incoraggiando l'emorragia. In questo panorama di saggezza popolare, ma anche di pratiche discutibili e di condizioni igieniche assai scarse, la mortalità da parto era altissima.
Prendendo in esame la comunità di Oneta, nel periodo che va dal 1816 al 1890, vi sono state complessivamente 824 morti.
Complessivamente i nati sempre per lo stesso periodo sono stati 1020. Con gli opportuni raffronti per ogni 1000 nati, 235 muoiono nel 1° anno di vita, con una media leggermente superiore a quella nazionale valutata nel 1863 in 228 morti per ogni mille nati.
In sostanza 316 bambini pari al 38, 44% nel periodo considerato non hanno superato il decimo anno di età.